Miracoli del jet-lag, nell’intepretazione della giovanissima Scarlett Johansson e del meno giovane Bill Murray.
Visto a New York. Uscendo su Columbus Avenue ho pensato: “Formidabile!”, e non ho cambiato idea.
Visto in Australia nel 1983. Film perfetto per fantasticare sul giornalismo.
Spiega l’"effetto Kurz", ovvero cosa succede a chi sta troppo tempo in un posto, e comanda qualcosa (consoli, dirigenti, corrispondenti, sindaci di comuni isolati)
Ogni insegnante dovrebbe rivederlo una volta l’anno. Obbligatoriamente.
La meglio gioventù, versione universale
Credo d’averlo visto venti volte. Grande Belushi e favolosa Chicago.
Tutti i rischi di un matrimonio.
La filosofia della scatola di cioccolatini, e un po' di storia d'America
Come è cominciato il futuro prossimo (nelle università americane, ovviamente)
Ritratto magistrale dell’italiano all’estero (con un fucile o una valigia, cambia poco).
Stoccolma balcanica. Spiega perché al nord piace il sud, e al sud interessa il nord.
Perché le periferie di Londra sono ipnotiche? Forse perché a quei tempi ci abitavo anch’io.
"C'è una grande gioia a scoprire il talento", dice John Travolta alla biondina Scarlett.
La più bella commedia romantica che conosca (a me piacciono le commedie romatiche)
Solitudine, Svizzera, crimine e poesia.
Premonizione romana, affidata a Toni Servillo. La scena della terrazza è terribile e accurata.
Violento non gratuito, con una grande battuta (De Niro di fronte allo specchio: "Stai parlando con me?")
Profetico, sintetico, magico: degno di Orwell
Rappresentazione esilarante di una debolezza umana: il desiderio d’essere accettati
dal Metropol di Berlino 1979 a Rai 3 "L'erba dei vicini" 2015. Ain't no disco, ain't no party, ain't no fooling around!
Canzone per la strada, "La vita è un viaggio" 2013/2014
Canzone dei maschi, e delle complicazioni dell'età
Canzone delle femmine
Me l'hanno dedicata personalemente il Boss e la E Street Band, durante il sound-check a Buffalo NY 2002. Wow!
colonna sonora per ogni movimento
Da Mosca a Lisbona, 2011
Ottimismo mattutino senza tempo
Malinconia per il fine settimana
Malinconia per ogni occasione
America 1980, con Francesco
America 2013, con Antonio
America 1977, con gli amici
Amore e liceo
Liceo e inglese
Inno della mia generazione irrequieta
Poesia per le altre coppie
America 2012, col treno
Promemoria
La canzone per capire che il mondo si muove e star fermi è poco furbo
Franco Battiato allo zenit anticipa la rassegnazione italiana
Ancora Battiato. Amore e mistica, mai distanti
Francesco De Gregori sull’amore perduto.
Ancora FDG sulla necessità di muoversi (Berlino-Palermo, 2010)
Ivano Fossati canta l'amore complicato per il nostro paese.
L’album di Fabrizio De André vale il libro di Edgar Lee Masters (Spoon River), e forse lo supera: incredibile.
La Toscana in una canzone. Where are you, ObiWan Zenobi?
Sergio Caputo ha scritto la colonna sonora del mio fidanzamento.
Vasco Rossi non è la mia passione, ma quella canzone è un colpo di genio
Odore di nebbiolina in musica.
"Che ne sai di un campo di grano?" Be', caro Battisti, i Severgnini fanno gli agricoltori da almeno cinque secoli.
Titolo immobiliarista per i ricordi del primo innamoramento.
O era questo, il primo innamoramento?
The Boss from Correggio.
Edoardo Bennato scrive la Costituzione italiana (articolo 2: "E’ stata tua la colpa". Articolo 3: "Viva la mamma" Articolo 4: "Abbi dubbi" Articolo 5 "Uffa uffa" eccetera)
"Le due di notte e non c’è niente da fare…"
Chi nega d’averla avuta in testa per qualche anno, è molto giovane. Oppure mente.
Il vero titolo è il sottotitolo ("Diglielo tu, Maria")
Da giovane mi faceva sentire grande. Da grande mi fa sentire giovane.
Le ragazze di Milano hanno quel passo di pianura.
The Sopranos sono i Buddenbrok, i Fratelli Karamazov e il Gattopardo delle serie televisive. Il fenomenale James Gandolfini, l'uomo con l'accappatoio bianco, è Tony Soprano, boss sentimentale e capofamiglia frustrato. Girata quasi interamente in New Jersey con attori italo-americani, a cavallo tra i due secoli, la saga malavitosa mescola vita quotidiana e vita crimanale: è questo il colpo di genio dell'autore Davide Chase. A partire dalla sigla (Woke up this morning), un prototipo per molte serie che verranno. Tra le interpretazioni memorabili quella di Lorraine Bracco, la psichiatra Jennifer Melfi, alle prese col paziente Tony. The Sopranos ha collezionato 21 Emmy e cinque Golden Globe. Viene considerata da molti (Tv Guide, Rolling Stones), ancora oggi, la miglior serie televisiva in assoluto.
La storia del gruppo musicale 883 diventa un affresco sentimentale degli anni Novanta, decennio colorato e sottovalutato. Massimo (Max) Pezzali e Mauro Repetto si muovono fra studi (pochi) e amori (qualcuno), partono da Pavia e approdano a Milano, escono dalla cantinetta di famiglia e arrivano alla corte del produttore Claudio Cecchetto, autocrate musicale del tempo. L’ideatore e regista Sydney Sibilia - Smetto quando voglio, L’incredibile storia dell’isola delle Rose, Mixed by Erry - ha intuito che il passato prossimo è il sollievo delle nazioni. Talvolta – soprattutto quando se ne appropria la politica - si trasforma in un alibi o un’ipocrisia. Non in questo caso. La storia e la musica degli 883 ci regalano serenità perché ci ricordano come eravamo: imperfetti, idealisti, un po’ ingenui. Oggi c’è il trap, e temo ci dica cosa stiamo diventando.
La vicenda di Anna "Delvey" Sorokin è formidabile e istruttiva. Figlia di un camionista russo emigrato in Germania, falsa ereditiera e vera truffatrice, è riuscita ad abbindolare, tra il 2014 e il 2017, banchieri, stilisti, giornali e grandi alberghi di New York. Arrestata, condannata, sta lavorando a un reality show (Delvey's Dinner Club), dove avrà ospiti a cena personaggi come Madonna, Elon Musk, l'artista Marina Abramović. Non c'è copione; ci sarà invece la cavigliera elettronica che Ms Sorokin sfoggia come un ornamento chic. Serie da non perdere: nel tempo dei social e dell'apparenza, i millantatori sono tra noi, non solo in America. Occhio, gente.
Chi sono gli slow horses, i ronzini del MI5, servizio di controspionaggio britannico? Agenti che hanno combinato pasticci e sono stati confinati a Slough House (il Pantano), agli ordini - si fa per dire - di Jackson Lamb (Gary Oldman), che s'è lavato i capelli l'ultima volta ai tempi delle Guerra Fredda, e abbonda in sarcasmo e flatulenze. Lamb deve tenere a bada il giovanotto River Cartwright (Jack Lowden), specialista nel mettersi nei guai. Alcuni episodi sono poco plausibili, la ricerca dell'azione, è spesso artificiosa: nella quarta serie mette in ombra il protagonista (Lamb/Oldman), ed è un peccato. Ma l'umore londinese è fascinoso, i colori lividi e brillanti, i personaggi ben studiati e interpretati, l'ironia impeccabile.
Aaron Sorkin (The West Wing, The Social Network) ha il tocco magico. Il giornalismo televisivo USA, le frustrazioni e le ambizioni, i rapporti di redazione, il tempo che passa, la radicalizzazione dei republicani, l'odio nei social. Jeff Daniel (Will McAvoy) e Emily Mortimer (MacKenzie) sono perfetti nel ruolo; i dialoghi, fulminanti; i temi affrontati, preveggenti. La prima scena, all'università, indimenticabile. Serie vintage, un classico da non perdere. Poiché Serial Beppe è un giornalista, mezzo punto in più
Cosa ti combina un chimico di Albuquerque per soldi e per noia. Superate le prime tre puntate, quasi impossibile fermarsi: la deriva di Walter White è ipnotica. Colori e musiche spettacolari. Personaggio cult: Gus Fring e Los Pollos Hermanos. Breaking Bad è una serie imperdibile (sì, compresa la puntata della mosca). Ha contribuito a definire il genere, e lo ha fatto muovendo da una storia improbabile, a dir poco. Questo è ancora più sorprendente. Questo vuole dire che è tutto di altissima qualità: lo scavo psicologico dei personaggi, la qualità delle riprese e della fotografia, l'interpretazione degli attori, la colonna sonora. C'è anche Crapa pelada nella versione del Quartetto Centra, musica di Gorni Kramer (Crapa pelada l'ha fa' i turtei / ghe ne da minga ai so fradei / i so fradei han fa la fritada / ghe ne dan minga a crapa pelada). Canzone originale del 1936, osteggiata dal fascismo, che detestava ogni riferimento alle crape pelade (teste calve), indovinate perché..!
Segue Breaking Bad, ma ne è l'antefatto (in neo-italiano: prequel). Alcuni attori sono gli stessi, a partire dallo strepitoso Saul Goodman (Bod Odenkirk), avvocato geniale, scorretto e pazzoide (una certa somiglianza fisica con Roberto Burioni). Così l'ambientazione (Albuquerque, New Mexico), dove la luce è spettacolare. Rispetto a Breaking Bad, l'umore è meno cupo. La storia è lineare, i personaggi dipinti a olio, le riprese originali, piene di dettagli di oggetti e luoghi. Se Don De Lillo volesse trarre un film da Underworld, si rivolga alla produzione di questa serie Netflix. Ho rimandato per anni la visione, e ho fatto male. Better Call Saul vale Breaking Bad, se non fosse per la quarta serie, forse troppo lenta.
Fauda - vuol dire "caos", in arabo - racconta le vicende di un'unità antiterrorismo israeliana che opera sotto copertura (Mista'arvim) in Cisgiordania, a Gaza, in Libano (nella quarta stagione). La squadra ruota intorno al torello Doron Kavilio (Lior Raz) - eroe introverso, stropicciato, manesco, un solitario bisognoso di compagnia - ed è un microcosmo nazionale: donne d'azione, coppie preoccupate, etnie mescolate, soldati fedeli e stanchi, dramma immutabile. Anche il mondo palestinese - dolore e frustrazione, illusioni e tradimenti - è credibile. La violenza, assurda, viene resa senza (troppo) compiacimento. Ebraico e arabo, lingue fascinose, sono parte della storia. Importante: Fauda era seguita in tutto il Medio Oriente. Poi è arrivato il 7 ottobre 2023, fine di tutto.
La prima serie è ambientata alle Hawaii. Un gruppo di turisti si ritrova in un resort di lusso, uno di quelli dove il sottoscritto non metterebbe mai piede. Il racconto è teatrale e ben scritto. Violenza zero, sesso a go-go. L'America disfunzionale (maschi fragili, donne aggressive, trentenni arroganti, teenager insopportabili, personale alberghiero servile e terrorizzato) mostra sé stessa e dà spettacolo. Notevole il tema musicale iniziale, spesso ripetuto. La seconda serie è ambientata a Taormina. Anche qui, personaggi ben dipinti (finanziere amorale, nerd confuso, ragazze squattrinate, boomer egoista). Ma si capisce che gli autori conoscono poco l'Italia. Abbondanza di cartoline turistiche, dall'Etna all'opera di Palermo. E canzoni sbagliate (mettere De André e Bruno Lauzi in Sicilia è come scegliere i Beatles come colonna sonora di LA Confidential). La terza serie si svolge in Thailandia: sempre ben scritta, personaggi emblematici della disfunzionalità americana. Ma si comincia a sentire profumo di ripetizione.
Servizi d'informazione francesi come una grande famiglia sparsa per il mondo. Un affresco realistico, dice chi è del mestiere. Agenti segreti come anti-eroi. Uno più strambo dell'altro, ma interessanti. Il capo sembra il direttore di una sede locale dell'Inps. Protagonista l'agente Guillaume "Malotru" Debailly, con la sua aria stupefatta (lo intepretata, con classe, Mathieu Kassovitz). Grande attenzione per l'attualità, quindi alcune vicende - l'orrenda stagione del terrorismo islamico - potranno sembrare un po' datate. Il mio personaggio preferito? Marina Loiseau (Sara Girardeau): si muove sotto copertura a Teheran come se fosse in gita scolastica.
Il calcio inglese non è solo birra e televisione, cori e rituali, cafonaggini e poesia. Può anche essere esilarante. L'idea di partenza - l'incomprensione fra America e Inghilterra - diventa altro: una commedia umana piena di tipi balenghi. Ted Lasso, allenatore di football negli USA, viene arruolato in una squadra di calcio inglese, di cui non sa niente. Bulli e pupe, cafoni e visionari, riscatti e delusioni, diventar bravi e diventar vecchi, sesso e biscotti, birra e tè (che non piace al protagonista). Serie sofisticata, a suo modo. Tre fuoriclasse: il protagonista, il surreale Ted Lasso (Jason Sudelkis); l'inglesissima Keely Jones, che sembra uscita da un tabloid (Juno Temple, che rivedremo in Fargo 5). E il rude Roy Kent (Brett Golstein), il calciatore che si vergogna dei sentimenti.
All'inizio, dirompente: ritmo, linguaggio, realismo, cinismo, recitazione, dialoghi, musica (compresa una sigla, perfetta come suoneria del telefono!). Ma, alla lunga, la realtà politica USA ha superato la fantasia. E sì che di tipi balenghi ce ne sono, in House of Cards. Washington Dc, il Congresso e la Casa Bianca, gli uffici e i quartieri, i palazzi e la coreografia del potere, la brutalità della politica. Frank Underwood è un personaggio memorabile, così la moglie Claire e il tormentato Doug. Poi – com’è noto - il protagonista, l'attore Kevin Spacey s’è messo nei guai e Donald Trump si è rivelato più balengo di qualsiasi sceneggiatura.
"Mad" sta per Madison Avenue a Manhattan. L'America scopre il consumismo tra illusioni e sesso, indagini di mercato e turbolenze sociali, fumo e alcol, intuizioni e depressioni. Un corso di storia contemporanea. C'è l'America eterna - "La pubblicità è felicità!" - e c'è un nazione oggi quasi irriconoscibile: donne incinte che fumano, manager che bevono come spugne in ufficio, maschi che ci provano praticamente con tutte (be', quelli ci sono ancora). Il protagonista Don Draper (John Ham) sembra Superman in borghese, proprio bravo. La moglie Betty (January Jones) è un formidabile moglie americana in evoluzione. Peggy Olson (Elisabeth Moss) l'icona del protofemminismo, inconsapevole e ammirevole. Finale sorpredente, figlio dei tempi nuovi.
Un archetipo: Homeland è un riferimento per tutte le serie basate su sicurezza nazionale, terrorismo, servizi segreti, complotti. C'è la storia degli USA degli anni Dieci, imprese e follie comprese. Carrie Mathison - interpretata dalla stupefacente Claire Danes - contro tutti e tutti, soprattutto sé stessa (ha vinto due Golden Globe e due Prime Time Emmy Awards come migliore attrice). Depressioni, dipendenze, amori, furori, umori politici. Teste e luoghi misteriosi: Russia, Afghanistan, Iran, Washington Dc. Si parte così: il marine Nicholas Brody torna a casa dopo otto anni di prigionia in Iraq e viene salutato come un eroe; ma un'agente della Cia - l'irregolare e talentuosa Carrie Mathison, appunto - non è convinta. Personaggio preferito dal sottoscritto: il barbuto, ieratico Saul Berenson, capo e mentore di Carrie, interpretato dal canadese Mandy Patinkin, che nella vita fa pure il tenore nei musical (ci sta).
Talento, scacchiere e mascara anni '60. La regina ha i capelli rossi, e rischia di farsi scacco matto da sola. Mi sono chiesto perché questa serie sia piaciuta tanto, in molti paesi. Per la perfezione dei costumi, per l'affresco d'epoca, per il proto-femminismo della protagonista, per la tensione, per la storia di riscatto? Sì, anche per tutte queste cose. Ma penso che molto abbia a che fare con gli scacchi. Anche chi non sa giocare - io sono tra questi - intuisce che sono una splendida allegoria esistenziale, piena di pedoni sacrificabili e mosse del cavallo.
Il mondo della televisione è snervante per chi lo frequenta, ma esilarante per chi lo guarda da fuori. La realizzazione della fiction Gli occhi del cuore diventa l'occasione per una deliziosa presa per i fondelli. Buona anche la quarta stagione (2022), con la tv italiana in cerca di contratti con le piattaforme delle serie internazionali (lo stagista diventato dirigente è un tocco di classe). Gli attori, tutti bravi. Su tutti, forse, il grottesco Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti), pieno di egocentrismo e vanità attoriale. Il regista René Ferretti (Francesco Pannofino), stoico e cinico. L'elettricista Augusto Biascica (Paolo Calabresi) alle prese con la diversità e il "politicamente corretto". Smarmellare! Dai, dai, dai..!
La famiglia reale britannica attraversa disastri, successi, scandali, apoteosi, crisi e casini come una rondine taglia le nuvole basse: stupefacente e, per molti versi, ammirevole. The Crown è stato un successo mondiale, a dimostrazione che la serialità l'ha inventata la monarchia, non la televisione. Certo, alcuni personaggi sembrano più riusciti di altri. Il ritratto del principe Filippo è magistrale, al di là di qualche reticenza. Quello del principe Carlo - ora re Carlo III - appare ingeneroso. Certo l'uomo ha pagato caro il suo peccato originale: sposare Diana rinunciando alla donna che amava, Camilla. Quando la serie arriverà a Harry e Meghan, sarà imperdibile!
Il mondo del cinema francese ride di se stesso, attrici e attori partecipano contenti. Una certa Parigi attiva e vanitosa, vista da dentro: interessante. È appena arrivato il remake italiano (Sky), assai fedele, perfino nella fisionomia dei protagonisti. Esperimento riuscito, bisogna dire: il cameo dell'irritabile Sorrentino è convincente, Favino in versione Che Guevara è spettacolare. Chissà che invidia il comandante Conte, neo-movimentista: avrebbe voluto pensarci lui!
Vita da ufficio, claustrofobia e macchine del caffè, amori e rivalità per la scrivania. Ambientato a Scranton, Pennsylvania, dov'è nato Joe Biden. Michael Scott (Steve Carell) è il capo euforico che tutti temono. Dwight Schrute (Rainn Wilson) una premonizione dell'uomo trumpiano. Una profetica, universale, esilarante gabbia di matti. La versione originale britannica ha come protagonista Ricky Gervais. The Office è un po' datato? Forse. Ma resta un classico da non perdere, soprattutto se siete stanchi di spaventarvi e deprimervi prima di andare a dormire.
Storia ispirata, in modo evidente, alle tumultuose vicende della famiglia Murdoch. Logan Roy è Rupert Murdoch, ci sono anche i due figli e molto altro. Nella serie la società si chiama Waystar Royco e non News Corp, la rete televisiva Atn e non Fox: ma è come vestire Trump da puffo e dire che non l’abbiamo riconosciuto. Magnifiche riprese, con grandi cambi di scenario (penthouses a New York, il Congresso a Washington, poi Londra, Scozia, Ungheria, isole greche, Chiantishire, lago di Como). Jet ed elicotteri, colonne di Suv neri, feste esagerate. Dialoghi fulminanti, anche se talvolta il gergo finanziario è faticoso da seguire. Personaggi tridimensionali. Il mio preferito? Roman Roy, concentrato di frustrazioni e talento (l'attore è Kieran Culkin, appena intervistato dalla nostra Chiara Maffioletti). La prima volta che ho affrontato Succession ho ceduto dopo due puntate: mi sembrava Dinasty 2.0. Poi l'ho visto. È molto di più.
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